II PARTE
LA CIVILTA' CLASSICA
Cap. II
L’ARCHITETTURA A MISURA
D’UOMO: LA CIVILTA’ GRECA
2.3. Il
tempio e le leggi della natura
Il tempio è dunque sempre presente, è l'elemento
primario per i riti celebrativi, che avevano spesso carattere processionale e
si svolgevano sempre esternamente ad esso.
Ecco quindi il motivo per cui il tempio greco si
presenta con una dimensione spaziale proiettata all'esterno con un sistema di
relazione con l'ambiente. Data la particolare struttura simmetrica e ritmica,
il tempio greco viene inserito nel themenos con un rapporto apparentemente
casuale ma che sfrutta i movimenti accidentali del terreno per la creazione di
una serie discontinua e variata di punti di vista. Ciò lascia trapelare come i
greci abbiano sempre intuito il proprio ambiente naturale, quell'ambiente che
Platone definisce la vera opera artistica.
Concetto che costituirà, nelle intenzioni dei
greci, l'elemento base della formazione del tempio e quindi la rispondenza che
questo deve avere con le leggi di natura, laddove per natura (e “leggi” che la
regolano) si intende non solo quella circostante ma l'intero cosmo. Ecco perché
l'intera tematica progettuale verte sull'impostazione dell'edificio in
corrispondenza ad una serie di norme matematiche e proporzionali.
Il programma creativo viene quindi determinato da
un corpo di “leggi” che regolano il proporzionamento ed il posizionamento non
solo dell'opera nel suo insieme, ma anche dei singoli elementi che lo
costituiscono.
Queste norme che variano, come vedremo, con poche
differenze nei tre stili greci vengono definite "canoni".
I canoni rispondono alle leggi di ritmo e
simmetria; quest'ultima per i greci aveva un valore concettuale leggermente
diverso dal nostro.
Il ritmo, infatti, veniva considerato la contrapposizione
o la sequenza di quantità, in relazione tra loro, che avessero un momento
periodico di ricorrenza. (Aristotele definisce il ritmo un moto periodico
definito).
La simmetria, invece, costituiva una legge di
rapporto numerico fra un elemento della composizione con un altro e di tutti i
membri fra loro con l'insieme: è in pratica la legge che determina la
commensurabilità dell'elemento artistico. La simmetria nasce dall'uso di una
unità di misura detta modulo ma corrisponde anche alla proiezione che i greci
fanno della legge di natura, in riscontro anche con la fisiologia umana.
Leonardo Benevolo, in Introduzione all'architettura ci offre una delle più belle sintesi esplicative della
concezione dei canoni: essi “non sono regole materiali, cioè modelli completamente
determinati, ma regole ideali, che possono tradursi concretamente in molti modi
diversi. Il paragone più ovvio si può trarre dalla filosofia naturale dei
greci. Tutti gli uomini, per esempio, partecipano di una forma o specie comune;
in quanto uomini, tutti hanno le stesse caratteristiche, e non si può dire che
uno sia più uomo dell'altro; nello stesso tempo tutti gli uomini sono diversi,
perché la specie non è uno stampo uniforme, ma una regola strutturale che
applicandosi ogni volta a una materia diversa può concretarsi in infiniti
modi”.
L'ultimo parametro creativo fu la scelta di
un'unica tipologia su cui concentrare la ricerca espressiva; la casa di un dio
antropomorfo non può che avere a modello la casa dell'uomo: il tempio dunque è
un ambiente con tetto a due falde, con un portico colonnato almeno sul lato
frontale, per la cui realizzazione lapidea il sistema costruttivo più idoneo
risultò quello trilitico, fra l'altro strutturalmente simile ai prototipi in
legno.
A questo punto, conoscendo le leggi che regolano
la composizione, (divise in tre grandi ordini di proporzioni, il dorico, lo
ionico ed il corinzio) descrivendo gli elementi che la costituiscono, ci
diventa agevole la lettura non solo stilistica delle differenze canoniche
(aspetti fenomenologici), ma è possibile risalire all'intero corpus di concezioni culturali e
cosmologiche (aspetti noumenici) dei greci. Il nucleo degli elementi tipologici
è l'ambiente sacro, il "naos" (in cui viene posizionata la
statua della divinità), costituito da quattro pareti in una delle quali viene
ricavato l'ingresso, solitamente rivolto ad est.
Esso poggia su un basamento detto "stereobate",
"stereo" perché circonda, cioè è presente tutto intorno,
"bate" perchè ha una funzione di base, di fondazione dell'intero
edificio sia sotto il profilo statico sia come elemento di livellamento del
terreno.
La parte dello stereobate che emerge fuori terra,
e che solitamente presenta dei gradini, viene definita il "crepidoma".
In genere il numero dei gradini è pari a tre. La superficie superiore di questo
basamento su cui successivamente poggeranno anche le colonne viene definita
"stilobate" che, appunto, vuol dire base del cilindro, cioè
della colonna.
Il naos può presentare un prolungamento dei
due muri laterali sul fronte d'accesso creando due piccole ali di muratura che
vengono definite "ante". Il
tempio che presenta due ante sul fronte principale si chiama in antis. Lo spazio delimitato dalle
ante essendo posto davanti ("pro") al naos viene definito "pronao".
Il pronao presenta, fra le ante, delle colonne intermedie per il sostegno della
copertura, ed ha in genere profondità pari ad un intercolumnio (distanza
fra le colonne). Qualora sul retro sia presente un portico posteriore, quando
vi siano cioè delle ante anche sul lato ovest, quella porzione di spazio viene
definita opistodomo.
Se il pronao presenta una fila di colonne sul
fronte senza ante, viene definito prostilo, cioè "con
le colonne avanti".
Quando il tempio presenta una fila di colonne
anche sul retro si chiama "anfiprostilo".
Se il tempio ha altresì delle file di colonne sui
lati lunghi lo si definisce "periptero", cioè con le colonne
che circondano il perimetro; se ha due file di colonne il tempio e "diptero".
Una particolare figura di tempio in cui la seconda
fila di colonne, quella più interna, verrà sostituita da semicolonne addossate
al muro della cella si definisce "pseudo-periptero". Quando il
tempio periptero diviene il più frequente, viene denominato a seconda del
numero di colonne presenti sul fronte principale, tetrastilo per quattro
colonne, pentastilo per cinque, esastilo per sei e così via.
Questa denominazione, che sembra apparentemente solo catalogativa, assume particolare importanza se consideriamo le leggi canoniche di proporzionamento fra i singoli elementi costruttivi e l'insieme dell'opera. Il modulo base è costituito dal complesso trilitico, colonna-architrave-colonna, a sua volta dimensionalmente rapportato al diametro di base della colonna stessa. Altezza del tempio, larghezza, profondità (tendente ad essere il doppio della larghezza nelle prime realizzazioni ad un successivo rapporto di sezione aurea) dipendono dalla ritmica e dalla simmetria di questo sviluppo modulare, poggiato (e non è solo un gioco di parole ma l'espressione del raffinato concetto creativo dei greci) sulla misura dell'elemento "eletto": la colonna.
L’uso della denominazione poteva
dunque permettere ad un greco lontano dalla madrepatria (ma anche a noi oggi),
di immaginare cosa avessero realizzato i concittadini della sua polis: sapendo
che un tempio è periptero, dicendo "esastilo" poteva avere un'idea di
massima della forma finale; dicendo "esastilo dorico" aveva un'idea
più precisa del suo aspetto; dicendo "esastilo dorico con colonna di due
metri alla base" poteva addirittura immaginarlo (con approssimazione)
nelle sue dimensioni reali e divertirsi poi, una volta rientrato, ad osservare
la soluzione data dall'architetto ai vari problemi di ritmica.