La Domus Aurea, nella storia, nel mito ed in Svetonio

La “Domus Aurea” sorgeva dove oggi si sviluppano parchi e tessuti urbani a sud-est del Colosseo (nella direzione di una delle “punte” che scaturiscono dalla pianta ellittica, quella opposta ai Fori). L’anfiteatro non esisteva ancora ed al suo posto un piccolo corso d’acqua formava un laghetto, di cui Nerone si era appropriato racchiudendolo all’interno del muro di cinta della sua villa. Questo tratto di mura si trovava dal lato dell’altra “punta”, quindi proprio di fronte ai Fori, e qui Nerone aveva posizionato l’ingresso, segnandolo con una enorme statua che lo raffigurava (recenti studi ritengono trattarsi di quella attribuita in passato a Costantino) detta “il Colosso”, da cui scaturì il nome popolare dell’anfiteatro Flavio.

Alla morte di Nerone, la Domus Aurea fu smantellata dai successori finché, per realizzare le sue terme, Traiano ne usò le possenti strutture come fondazioni e reinterrò le rimanenti parti, quasi a distruggere ogni traccia della presenza dell’odiato predecessore. Si formò così un rialzo dell’originaria collina che costituì il parco antistante le terme, noto oggi con il nome di Colle Oppio.

Un particolare interessante è costituito dal fatto che si conosce il nome degli architetti che lavorarono sia per Nerone che per Traiano, tutti provenienti dalle aree orientali dell’Impero; la Domus Aurea fu progettata dagli architetti Celere e Severo mentre le decorazioni pittoriche furono affidate al pittore Fabulo. Le Terme di Traiano sono opera di Apollodoro di Damasco, che con questa realizzazione stabilizzò i canoni tipologici dei successivi impianti termali.

Sovrastata dal caos delle terme e sepolta dal parco, della Domus Aurea si perse lentamente la memoria ma non il mito.

Durante l’epoca rinascimentale, quando artisti e studiosi convergevano su Roma alla riscoperta di stili e tecniche della classicità, alcuni pittori vennero indirizzati dalle voci popolari a visitare strane grotte in cui, alla luce delle torce, si svelavano graffiti raffinati ma dalle tematiche sconosciute ed inquietanti. Convinti di essere pervenuti al cospetto di forme primitive d’arte, gli artisti iniziarono ad ispirarsi a quei temi ed a ripristinare quello stile, definito per la sua origine “grottesco”. Mentre il termine cominciava ad acquisire connotazioni semantiche diverse, suggerite dall’aspetto inquietante degli ibridi rappresentati (figure composte da parti umane, animali e vegetali armonicamente riassemblate in organismi unitari), l’attenta lettura delle fonti permise di capire che le volte delle caverne non erano naturali ma quelle cementizie della mitica residenza neroniana, e che le raffinate decorazioni non erano certo astruse composizioni primitive bensì le opere di Fabulo, che aveva probabilmente voluto rendere in forma grafica i simboli e le allegorie di qualche oscuro culto esoterico cui Nerone sembra sia stato dedito.

Interessante è anche la descrizione della Domus Aurea che Svetonio ci tramanda nelle “Vite dei Cesari” (“De vita duodecim caesarum”); lui che fu così caustico nel giudicare Nerone, al punto da determinare i luoghi comuni con cui viene ricordato, sembra comunque inchinarsi davanti alla magnificenza creativa dell’opera.

“Però non vi fu nulla in cui sia stato tanto prodigo quanto nell'edificare.

Fatta costruire per sé una casa che dal Palatino andava fino all'Esquilino, dapprima la chiamò «transitoria», poi, quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire e la chiamò «aurea».

Per dare un'idea della estensione e dalla sua magnificenza, basterà ricordare i seguenti dati. C'era un vestibolo in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza, alto centoventi piedi. Era tanto vasta, che nel proprio interno aveva dei porticati a triplo ordine di colonne, per la lunghezza di mille passi, e uno stagno che sembrava un mare, circondato da edifici che formavano come delle città.

Per di più, nell'interno vi erano campagne ricche di campi, vigneti, pascoli e boschi, con moltissimi animali domestici e selvatici di ogni specie. Nel resto della costruzione, ogni cosa era ricoperta d'oro e abbellita con gemme e madreperla.

Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno, continuamente, come la terra.

Nelle sale da bagno scorrevano acque marine e acque di Albula, e quando alla fine dei lavori, Nerone inaugurò un palazzo di tal fatta, lo approvò soltanto con queste parole: «Finalmente comincerò ad abitare come un uomo!»”.